Profilo Bio-Bibliografico

Carla Bino insegna Storia del Teatro e Storia e Forme della comunicazione orale e drammaturgica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia e Milano. Si occupa di teoria della rappresentazione e meccanismi della visione, con una particolare attenzione alla cultura drammatica del medioevo cristiano. È autrice delle monografie Il dramma e l’immagine. Teorie cristiane della rappresentazione (II-XI sec.) (Firenze 2015) e Dal trionfo al pianto. La fondazione del ‘teatro della misericordia’ nel Medioevo (V-XIII secolo) (Milano, 2008). Insieme a Roberto Tagliani ha pubblicato il volume Con le braccia in croce. La Regola e l’Officio della quaresima dei disciplini di Breno (Milano, 2012). Con Manuele Gragnolati ha curato i volumi Il corpo glorioso (Pisa, 2006) e Il corpo passionato (Comunicazioni Sociali, 2003).

ABSTRACT

Il teatro patriottico a Brescia (1797–1798): un concreto ‘laboratorio’ di riforma

Carla M. Bino

«La riforma teatrale [è stata] desiderata da’ buoni, decretata dal governo provvisorio di Brescia, eccitata dal ministro degli affari interni e quindi dal Gran Consiglio per tutta la Cisalpina».
Queste parole, che Francesco Saverio Salfi scriveva sul Termometro politico della Lombardia il 3 gennaio 1798 riassumono perfettamente termini e tappe della vicenda relativa ai tentativi di riordinamento estetico ed organizzativo del teatro alle soglie dell’età napoleonica.
Come è noto, si trattò di un vero e proprio ripensamento del teatro “scuola democratica” che condensava in sé le istanze proprie della cultura illuminista europea e il fervore giacobino che precede e accompagna gli anni della prima repubblica Cisalpina. Tale riforma si andò profilando nel corso di un biennio – tra il 1796 e il 1798 –, ebbe come protagonista, forse il maggiore, proprio il Salfi e si svolse principalmente tra due città: Milano cuore politico, intellettuale, economico della repubblica, e Brescia, governo autonoma sino a Campoformio, luogo in cui si raccolgono e fondono insieme idee illuministe, giacobine e gianseniste seguendo, però, una iniziale vocazione più marcatamente municipalista. Tra le due città esistevano forti legami intellettuali dettati dal fatto che il rinnovato patriziato bresciano, sempre più alieno dai rapporti con il mondo veneto, si era orientato verso Milano. Tra le due città il Salfi soggiornò proprio in quei due anni, partecipando della vita culturale di entrambe e ricoprendo in entrambe incarichi politici. Se a Milano egli aveva elaborato l’idea del teatro quale strumento fondamentale, il più diretto ed efficace, per la diffusione dei principi democratici, a Brescia egli iniziò a realizzarlo. Sono i mesi dell’autunno del Governo Provvisorio bresciano, quelli che precedono l’annessione della città alla Cisalpina: tra ottobre e dicembre 1797, i principi da lui teorizzati si tradussero prima in decreto, poi in piano di riforma ed entrarono nel più ampio dibattito Nazionale, confrontandosi con i progetti presentati al concorso cisalpino dell’8 Annebbiatore.
Il presente intervento, dunque, intende dar conto dei principali elementi che caratterizzarono il progetto di trasformazione del teatro patriottico a Brescia, leggendolo però come un “laboratorio” di concreta messa in pratica del pensiero di riforma salfiano.
Partendo dai protagonisti della vicenda, le cui firme affiancano quella del Salfi sui documenti ufficiali, nella prima parte verrà brevemente delineato il quadro politico e culturale entro il quale si colloca la fondazione del teatro cosiddetto “nazionale” bresciano.
Nella seconda parte, si darà una lettura comparativa dei documenti che si riferiscono a due distinti progetti presentati da Brescia al governo milanese, prima nel dicembre 1797 e poi, a distanza di pochi mesi nel febbraio 1798.
La parte conclusiva, infine, si soffermerà su uno degli aspetti centrali della riforma salfiana, vale a dire la fondazione della scuola di recitazione, la quale sembra assumere un certo rilievo perché profondamente collegata alle teorizzazioni sulla riforma dell’arte attoriale sistematizzate nel trattato “Sulla declamazione” che Salfi iniziò a scrivere proprio durante il soggiorno bresciano.